Nel periodo paleolitico l'uomo è esclusivamente cacciatore, e per tanto non ha ancora una fissa dimora, poiché la sua sopravvivenza dipende fortemente dalla capacità della tribù di seguire gli spostamenti migratori della selvaggina.
Data una tale precarietà del tempo di stazionamento in un determinato luogo, non vi era la necessità di realizzare 'abitazioni', e per ripararsi alla meglio dalle intemperie e dagli animali feroci si rifugiava nelle grotte e nelle caverne naturali (di cui abbiamo visto alcuni esempi nello scorso post Cap.1_L'Arte Rupestre), allo stesso modo di molti animali.
Ma con il progredire dell'evoluzione e delle capacità organizzative delle tribù. l'uomo primitivo iniziò ad avere necessità di organizzare in maniera diversificato gli spazi all'interno della caverna, dedicando alla veglia e all'uso del fuoco quelli più vicini all'entrata e al riposo, alle ritualità e alle sepolture quelli più interni e protetti.
Non abbiamo quindi tracce di architettura preistorica fino almeno al mesolitico (ca 6000 a.C.) quando l'uomo, scoperti l'agricoltura e l'allevamento, inizia ad aver bisogno della 'sedentarietà', ovvero della necessità di abitare stabilmente in un determinato territorio, preferibilmente pianeggiante attraversato da fiumi o corsi d'acqua.
E se in montagna era facile trovare caverne e anfratti naturali nei quali ripararsi, in pianura diventava quasi impossibile: è questo il momento in cui l'uomo inizia a "fare architettura".
Inizialmente scava caverne artificiali, profonde fosse, rivestite da corteccia d'albero, pavimentate in terra battuta e ricoperte alla meglio con frasche, stuoie e pelli di animale.
Nelle regioni più calde, invece, fa ricorso alle cosiddette camere ipogee - dal greco hypò (sotto) e ghè (terra) - dei veri e propri pozzi, accessibili mediante rudimentali scale in legno, in fondo ai quali la temperatura risultava molto inferiore a quella, spesso insopportabile, dell'esterno.
Le Capanne
È sempre in epoca mesolitica che compaiono le prime capannecostruite completamente fuori terra. Da principio sonoconiche, sul tipo delle tende usate fino alla seconda metà dell'Ottocento, dai Nativi Americani. Esternamente venivano ricoperte con pelli o frasche, a loro volta impermeabilizzate con fango o argilla.
A seconda delle zone, delle caratteristiche ambientali e del grado di evoluzione delle popolazioni si hanno, in seguito, anche strutture edilizie più complesse (ad esempio capanne con pareti verticali a pianta quadrata, circolare o ancora più articolata) fino ad arrivare (ormai in piena epoca neolitica) alle palafitte, costruzioni realizzate su una serie di pali conficcati nel fono melmoso di laghi, fiumi o paludi, nei pressi della riva.
Le palafitte erano solitamente riunite in villaggi, nei quali potevano convivere anche molte famiglie, al fine di organizzare al meglio le attività produttive e avere maggiore possibilità di difesa dagli attacchi delle tribù vicine.
Simili alle palafitte, infine, erano le terramàre, costituite da capanne sempre sopraelevate, ma poste sulla terraferma e diffuse soprattutto nella Pianunra Padana, tra il XV e il XII sec a.C.
L'attività architettonica dell'uomo preistorico, però, non si limita esclusivamente all'abitazione. A partire dal V millennio infatti, l'intero continente europeo è interessato dalla diffusione di oltre ventimila insediamenti megalìtici!
Un esempio di cromlech nel nord della Gran Bretagna - fonte: bundan.com
Questi, a seconda dei casi e delle regioni - dal Portogallo alla Bretagna, fino alla Scandinavia e alla Crimea - possono essere ora isolati, ora riuniti in gruppi, ora disposti secondo vari allineamenti. In genere sono costituiti da gigantesche pietre, opportunamente sagomate e disposte con finalità e funzioni che spesso rimangono ancora abbastanza misteriose (si pensa ad una prima forma di culto divino o ad una primordiale osservazione astronomica).
I Menhìr
La più semplice di queste strutture è il menhìr (dall'antico brètone mèn, pietra, e hìr, alto/lungo), esso consiste in un monolite, ovvero unico blocco di pietra, conficcato al suolo e sagomato in modo da assumere una forma abbastanza aguzza e slanciata.
Villa Sant'Antonio (Oristano) menhir di Monte Corru Tundu - fonte: wikipedia.org
Per la collocazione di un menhìr occorreva uno sforzo collettivo enorme.
Si ipotizza che il masso venisse fatto rotolare fino al posto desiderato dove veniva fatto scivolare in una profonda buca. Con l'aiuto di corde e puntelli lo si portava in posizione verticale e si colmava la buca in modo che non potesse cadere.
ipotesi del sistema di innalzamento del menhìr - fonte: didarticarte.it
Di dimensioni variabili (da circa un metro a oltre venti), i menhir sono spesso collocati in lunghe file, determinando suggestivi allineamenti lunghi anche qualche kilometro.
I Dòlmen
Più complessa è la struttura del dòlmen (sempre dal bretone tòl, tavola, e mèn, pietra), il cui nome significa letteralmente "tavola di pietra". I dolmèn, infatti, sono costruzioni megalitiche costituite da due o più elementi monolitici verticali aventi funzioni di vere e proprie pareti sulle quali veniva appoggiato orizzontalmente un enorme lastrone di pietra.
In tal modo ai delimitava un'area coperta probabilmente dedicata a riti magici o a sepolture collettive.
Dolmen di Sa Coveccada, Sardegna. fonte: wikipedia.it
I Cròmlech
I cròmlech (dal gallese cròm, ricurvo, e lèch, pietra), sono invece grandi costruzioni megalitiche a pianta circolare. Diffusi in Svezia, Danimarca, nelle regioni atlantiche della Francia e soprattutto in Gran Bretagna, essi consistono in una serie di monoliti sagomati a parallelepipedo o a tronco di piramide che vengono conficcati al suolo in cerchio, in modo da circoscrivere degli spazi probabilmente riservati a riunioni magiche o cerimonie di culto.
Il cromlech più famoso e meglio conservato (anche se i restauri che ha subito nel corso degli anni ne hanno forse compromesso l'aspetto originario) è quello di Stonehenge, presso Salisbuty.
Sorto a partire dal 1800 a.C. circa e ampliato intorno al 1500 a.C. esso consiste in un doppio recinto di menhir verticali a loro volta sormontati da architravi, anch'essi monolitici, disposti a formare una sorta di duplice, gigantesco cerchio.
Pianta del cromlech di Stonehenge. Solo i blocchi evidenziati in celeste ci sono ci pervenuti nella posizione originaria.
Alcuni dei monoliti verticali del circolo esterno si stima che possano pesare una cinquantina di tonnellate, mentre gli architravi che li collegano arrivano a pesarne quasi sette. All'interno del cromlech, infine, si innalzano cinque dolmen disposti a ‹‹U››.
La costruzione di menhir, dolmen e cromlech costituisce, date le scarsissime conoscenze tecniche del tempo, uno sforzo collettivo veramente grandioso. Per sagomare, muovere e sovrapporre pietre di tali dimensioni, infatti, deve essere stata impiegata una manodopera enorme che, necessariamente, veniva sottratta ad altre attività vitali quali, ad esempio, la difesa o la coltivazione della terra.
Ricostruzione ipotetica delle fasi di lavoro necessarie all'innalzamento del cromlech di Stonehenge.
Attenzione particolare va posta sulle 56 buche che si trovano nell'anello esterno: sarebbero servite a contare gli anni (appunto 56) che separano, ciclicamente, un'eclissi solare dalla successiva.
Il cromlech sarebbe stato quindi usato per millenni come una sorta di calendario. Non si è ancora fatta luce sulle tecniche di edificazione e sull'imponenza dei mezzi usati in un periodo dove ancora non esisteva il trasporto su strada. Alcuni monoliti, in pietra azzurra di dolerite screziata, provengono da cave gallesi distanti 230 km.
Le fasi stagionali e quotidiane
Tutto il complesso è stato edificato in tre fasi:
I fase (3100 a.C.): sarebbero stati realizzati lo scavo del fossato esterno, il cerchio più piccolo con 56 buche, dette "buche di Aubrey" e l'erezione di due pietre di ingresso, Hellstone.
II fase (2100 a.C.): sarebbero state portate in sito le 80 pietre azzurre che formano il cromlech. Popolazioni appartenenti alla cultura del vaso campaniforme costruirono una via di accesso in terra battuta, delimitata da due argini e fossati paralleli, che correva dall'entrata fino al fiume Avon.
III fase (2000 a.C.): vengono disposte le pietre interne. Di queste ne sono rimaste solo 7.
Nel periodo seguente alle III fase, sono state collocate circa 20 pietre azzurre disposte ad ovale e, intorno al 1500, la formazione di altri 2 cerchi concentrici.
Il sito di Stonehenge ha, da sempre, affascinato studiosi, scrittori e pittori di tutto il mondo. Una delle teorie più amate è stata quella proposta da John Aubrey, studioso dal quale hanno preso il nome le 56 buche, secondo il quale questo complesso era un antico tempio dei druidi. I druidi erano sacerdoti che compivano riti sacrificali con animale e forse con esseri umani. Questa ipotesi ha affascinato per molti secoli poeti e pittori come Turner.
"Stonehenge" di Turner
Il poeta Byron scrive queste parole:
"I boschi dei druidi non esistono più: tanto meglio!
Stonehenge c'è ancora ma cosa diavolo è?"
La sua domanda è ancora senza una risposta certa. Una delle ultime teorie è quella del critico d'arte Julian Spalding, secondo il quale la soluzione del mistero non sarebbe a terra ma nel cielo. Secondo lo studioso, il sito era in centro di culto, meta di pellegrinaggi. La struttura in pietra sorreggeva una piattaforma in legno per ospitare i druidi e le persone in preghiera durante le rotazioni del cielo. Per comprendere meglio questa idea, ci si deve riferire al concetto di sacralità che, in tutti i popoli, implica qualcosa al di sopra del terreno. Gli scienziati, però, non ne sono convinti perchè non ci sono prove a supporto di questa tesi.
Tutto questo dà l'esatta misura dell'enorme importanza simbolica e rituale che a tali costruzioni veniva attribuita dall'uomo preistorico, anche se le loro esatte finalità non appaiono ancora del tutto chiare.
I Nuraghi
Attenzione a parte, infine, meritano le possenti architetture dei nuraghi, la cui diffusione è però limitata alla sola Sardegna.
Si tratta di costruzioni megalitiche di forma tronco-conica aventi un unico ingresso, posto solitamente a Est o a Sud. All'interno, a seconda delle dimensioni e della disposizione, possono esservi anche diversi locali, collocati su uno o più piani e collegati mediante scale di legno o gradini ricavati nelle spesse murature. Varie sono anche le funzioni alle quali i nuraghi vengono adibiti fin dal XVII secolo a.C. Si va da quelle rituali a quelle difensive, ma anche di riunione, di deposito e forse, in certi periodi, di abitazione, arrivando a costituire veri e propri villaggi fortificati.
Gli enormi massi squadrati che compongono questi massicci torrioni sono sovrapposti in modo progressivamente aggettante verso l'interno, al fine di formare una specie di finta cupola, secondo una soluzione architettonica in tutto simile a quella che successivamente verrà utilizzata anche nelle costruzioni tombali micenee (thòloi) ed etrusche.
Su Nuràxi di Barùmini
Uno dei più vasti e meglio conservati fra gli oltre settemila insediamenti nuragici che ancora oggi contano in Sardegna è Su Nuràxi di Barùmini, una sessantina di kilometri a Nord di Cagliari.
Esso si estende per oltre un ettaro e comprende un poderoso organismo fortificato (originariamente alto quasi venti metri), composto da più torrioni simmetrici uniti fra loro, e resti di un intero villaggio circostante, le cui costruzioni iniziali - a pianta circolare - furono accresciute e abitate addirittura fino al III secolo d.C. arrivando complessivamente a essere più di duecento.
L'organizzazione di tale insediamento ci fa pensare a una popolazione già estremamente evoluta, che vive entro ben protetti villaggi, pratica stabilmente l'agricoltura e conosce l'uso del bronzo, come ci testimoniano, un po' in tutto l'entroterra cagliaritano, i ritrovamenti di statuine, armi e monili.
Commenti
Posta un commento