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Storia dell'Arte. Cap8.3 | L’Anfora del Lamento Funebre del Dìpylon

Un capolavoro dell’arte geometrica ateniese
Dopo aver introdotto l’arte greca con una panoramica generale e un approfondimento sul periodo geometrico, proseguiamo il nostro viaggio nel cuore della ceramica funeraria ateniese. In questo articolo ci soffermiamo su un’opera emblematica: l’Anfora del lamento funebre, realizzata intorno al 760–750 a.C. e rinvenuta presso la porta del Dìpylon, uno degli accessi principali all’antica Atene.

“Anfora del lamento funebre” (c. 760–750 a.C.)  fonte immagine

Questa anfora non è solo uno degli oggetti più rappresentativi dell’arte geometrica, ma anche un documento straordinario della spiritualità, della ritualità e della struttura sociale del tempo.

Un monumento per la memoria
L’anfora, alta più di un metro e mezzo, è un vero e proprio monumento funebre: non nasce per l’uso quotidiano, ma per segnare la tomba di un defunto, probabilmente un aristocratico o un importante cittadino della polis.
Il suo scopo era commemorativo e rituale: attraverso la bocca larga si versavano libagioni (offerte liquide) in onore del defunto, mentre la decorazione rappresentava pubblicamente il rito funebre stesso.
È realizzata in terracotta, modellata al tornio e decorata con motivi in vernice nera, secondo la tecnica geometrica pienamente sviluppata.

La scena del prothesis: lutto, rito e comunità
Al centro della narrazione visiva troviamo una delle prime raffigurazioni “di genere” della ceramica greca: la scena del prothesis, ovvero l’esposizione del corpo del defunto sul letto funebre.
Il corpo giace in posizione frontale, con le braccia distese lungo i fianchi. Attorno a lui, figure schematiche e simmetriche sollevano le mani al capo: è il gesto rituale del lamento funebre, codificato e collettivo.

Anfora del Lamento Funebre del Dìpylon. La scena del prothesis. fonte immagine
  • Le figure sono ridotte a schemi geometrici essenziali: triangoli per il busto, linee per gli arti, cerchi per la testa.
  • Il gesto del lutto diventa simbolo visivo: tutte le figure lo ripetono con la stessa forma, in un ritmo visivo che amplifica l’emotività attraverso l’astrazione.
  • La centralità del defunto, la frontalità della composizione, l’assoluta simmetria del gruppo comunicano un senso di solennità arcaica, in cui l’individuo scompare nella ritualità collettiva.
La scena è affiancata e sovrastata da una fitta trama di fasce orizzontali: greche, meandri, motivi a svastica, linee spezzate e rombi si alternano con precisione matematica. Non sono semplici ornamenti: sono il linguaggio visivo di un’epoca che pensa il mondo attraverso l’ordine, la misura, la ripetizione.

Un'arte che non imita: l’invenzione del linguaggio astratto
Quello che colpisce maggiormente è il modo in cui questa anfora racconta una storia – quella del lutto, della morte e della memoria – senza alcun intento realistico. Non vediamo volti, emozioni individuali, espressioni: vediamo forme.


Eppure, il messaggio arriva forte e chiaro. È un’arte concettuale, ritmica, strutturata, che comunica attraverso una grammatica fatta di simboli astratti, come una partitura musicale che organizza le emozioni in sequenze di suoni.

In questa anfora non c’è spazio per la soggettività: tutto è simbolico, misurato, “geometrico”. Ma proprio per questo diventa universale.

Rito funebre e identità civica
L’anfora del Dìpylon testimonia anche il ruolo fondamentale del rito funerario nella costruzione dell’identità collettiva. In età geometrica, il funerale non è solo un momento privato, ma un evento pubblico, politico, sociale. Celebrare la morte di un cittadino è ribadire i valori della polis, la continuità della comunità, l’appartenenza a un ordine condiviso.
  • Le donne, raffigurate come piangenti, hanno un ruolo attivo e centrale nel rituale: sono le custodi del dolore, le testimoni del passaggio.
  • La dimensione pubblica del lutto, espressa su un oggetto visibile a tutti, rafforza il senso civico e il legame tra individuo e collettività.
In questo, l’anfora non è solo un contenitore: è un dispositivo di memoria, un oggetto carico di significato sociale, simbolico, estetico.


Una lezione per la storia dell’arte
L’Anfora del lamento funebre è oggi considerata una pietra miliare nella storia della ceramica e dell’arte greca. Perché?
  • È uno dei primi esempi documentati di narrazione figurativa dopo il collasso miceneo.
  • Definisce un linguaggio visivo astratto e ordinato, che influenzerà tutta l’arte successiva, fino al classicismo.
  • Mostra come anche in un’epoca arcaica e apparentemente “primitiva”, l’arte sia già pensiero strutturato, espressione di un sistema culturale complesso.
Non è un caso che, per molti storici dell’arte, questa anfora segni l’inizio della vera arte greca: da qui in poi, il rapporto tra forma e significato, tra bellezza e funzione, tra individuo e società, non sarà mai più lo stesso.

In questa singola opera, modellata e decorata più di 2700 anni fa, troviamo già condensati alcuni dei temi fondamentali della cultura occidentale:
  • La rappresentazione del corpo umano come sintesi e misura.
  • Il valore del rito e della memoria.
  • La tensione tra astrazione e narrazione.
  • Il ruolo dell’arte come espressione pubblica, e non solo estetica.
Nel prossimo articolo della rubrica “Storia dell’arte greca”, torneremo a parlare di ceramica e vedremo come l’influsso dell’Oriente porterà lentamente la figura umana a evolversi verso forme più dinamiche e narrative, aprendo la strada alla grande stagione arcaica.

🎨 Hai domande o curiosità sull’anfora del Dìpylon? Vuoi proporre un tema per un futuro approfondimento?

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