Prospettive d’architettura| La Sfida della Contemporaneità
Quando Adolf Loos pronunciò la frase “l’architettura deve piacere a tutti, a differenza dell’arte che non ha bisogno di piacere a nessuno”, era l’inizio del Novecento, un periodo di profondo cambiamento culturale e sociale. L’architettura stava uscendo dall’Ottocento, secolo dominato dal gusto per l’ornamento e per lo stile storico, e stava muovendo i primi passi verso la modernità. Loos, con i suoi scritti e le sue opere, si oppose con forza all’eccesso decorativo che considerava un retaggio di epoche passate, convinto che l’architettura dovesse liberarsi dal superfluo per tornare alla sua essenza funzionale.
Per lui, l’arte era il campo dell’espressione individuale, della libertà soggettiva, mentre l’architettura aveva un compito diverso: rispondere ai bisogni concreti delle persone. Da qui nasceva la sua affermazione: l’architettura non poteva permettersi di essere solo un atto creativo, dove il gesto dell’artista domina tutto; doveva essere un atto di responsabilità collettiva, capace di “piacere a tutti” proprio perché serviva la comunità.
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| Esempio di Architettura Minimanista. Centro de Innovación UC Anacleto Angelini. |
A distanza di oltre un secolo, quella distinzione tra arte e architettura sembra essersi accentuata, quasi ribaltata. L’arte è diventata sempre più concettuale, spesso confinata in gallerie e musei, libera di provocare, di non essere capita, di non “piacere a nessuno”, come diceva Loos. L’architettura, invece, si è trovata al centro di un complesso intreccio di vincoli sociali, economici, tecnologici e ambientali. In molti casi, arte e architettura appaiono oggi come punti distanti: la prima si muove nella dimensione dell’idea pura, la seconda in quella della necessità, del compromesso e della mediazione. Eppure, proprio in questa distanza si nasconde forse una nuova possibilità di dialogo.
Oggi, l'architettura è un campo che affronta sfide molto diverse rispetto a quelle che la definivano ai tempi di Loos. La sua visione suggeriva che l'architettura dovesse essere un'arte “per tutti”, capace di unire rigore e funzionalità con un piacere condiviso. Ma viviamo in un'epoca in cui i concetti di bellezza, funzionalità e fruibilità non sono mai stati così complessi e diversificati. La società è frammentata e plurale, e ciò che “piace” a una persona non è detto che piaccia anche a un’altra.
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Trasparenza e materiali essenziali |
In un contesto urbano sempre più globalizzato e interconnesso, l’architettura deve affrontare un paradosso: da un lato deve rispondere a bisogni universali (accessibilità, sicurezza, sostenibilità), ma dall'altro deve essere capace di rispondere a esigenze locali, culturali e contestuali che variano enormemente da una città all’altra, e anche all'interno della stessa città. In altre parole, ciò che può piacere a “tutti” – come suggeriva Loos – sembra sempre più difficile da definire in un mondo dove le diversità di gusto, background e necessità sociali sono all’ordine del giorno.
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Dialogo con il contesto urbano. rendering architettonico di un moderno edificio residenziale e commerciale, noto come Square53, situato a Enschede, nei Paesi Bassi |
Per una giovane architetto come me, la sfida contemporanea non è tanto quella di creare un’architettura che sia apprezzata da un vasto pubblico indistinto, ma piuttosto di progettare spazi che rispondano a un contesto specifico, che ascoltino le esigenze delle persone che li abitano, che siano capaci di dialogare con la memoria del luogo e con la sua evoluzione futura. È un’architettura che cerca di essere inclusiva, ma in modo diverso: non per una standardizzazione di gusti o forme, ma per un processo che rispetti e comprenda le peculiarità dei contesti in cui si inserisce.
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| Dialogo con il contesto urbano. Riqualificazione urbana Eureka Kvarteret a Oslo, Norvegia |
In questo senso, forse, non è più necessario “piacere a tutti”, ma piuttosto cercare un equilibrio tra il rispetto per le tradizioni locali e l'innovazione. Invece di perseguire l'idea di un'architettura che piaccia in modo universale, un giovane architetto oggi dovrebbe forse cercare di parlare a chi vive e utilizza gli spazi. Così, un edificio o uno spazio urbano diventa un'esperienza condivisa, che può essere più o meno apprezzata, ma che risponde in modo autentico alle esigenze di chi lo vive. È questa la bellezza dell'architettura oggi: non quella di essere per tutti, ma quella di essere profondamente per qualcuno, rispondendo alla sua storia, cultura, e alle sue necessità contemporanee.









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